Il simbolo tra parola e musica

Copertina di Martina Santurri
Copertina di Martina Santurri

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Riflessioni

Nel 2018, durante il  festival dell’associazione Lampioni Aerei intitolato Rum e pera, ho conosciuto Leo Pusterla (band leader e cantautore dei Terry Blue) nell’unico modo in cui lo si può conoscere: davanti a una birra, parlando di musica. Quella sera, assieme ad altri, era stato invitato lì per suonare; ricordo che abbiamo passato buona parte della serata a commentare chi si avvicendava sul palco prima di lui. Quando è arrivato il suo turno ha cantato una canzone in italiano, una canzone che a risentirla oggi, forse, mi sembrerebbe invecchiata di cent’anni. Nel giro di cinque secondi ha fatto calare un silenzio surreale, parlava solo la sua chitarra. Non so cosa abbiano pensato gli altri presenti; per quanto riguarda me, credo di aver provato quella sensazione che lui chiama sapientemente “alchimia dei sensi”. 

Quest’estate, sentendolo parlare del simbolo, nelle sue parole ho ritrovato l’immagine che avevo di lui, legata al nostro primo incontro. In particolare, ho apprezzato il discorso in merito al live,  secondo il quale un concerto non è mai uguale al brano originale su CD. Tutti abbiamo sentito almeno una volta qualcuno che  dire: “Quel gruppo è bravo, ma live non rende molto”. Durante l’incontro online Leo ha analizzato, dissezionato e spiegato questo concetto anche a chi, come me, non ne capisce nulla di concerti e di musica. Uno stesso gesto, uno stesso libro e una stessa canzone, in momenti diversi, possono trasmetterci sensazioni diametralmente opposte, e sembra davvero di trovarsi, come ha detto Leo, «davanti a una cartolina». Ma riflettere sul simbolo significa riflettere sulla parola, ed è in questo contesto che si inserisce il discorso portato avanti  dal nostro ospite riguardo un simbolo nuovo, originale. Le parole più abusate, ormai quasi svuotate dallo smodato utilizzo che se ne fa, possono, in musica come in letteratura, diventare di nuovo un simbolo, recuperare quella loro aura primordiale e riagganciarsi a qualcos’altro che trascende il significato ormai banalizzato del termine. Ogni parola, anche la più ordinaria, messa in un contesto melodico differente, prende nuova forma, nuova vita, si fa portatrice di un messaggio nuovo pur rimanendo sempre uguale a se stessa. 

Forse, in fondo, quando si parla di musica, le parole non sono neanche così importanti; o almeno, non è così importante capirle. Leo parla della sua esperienza con una canzone della band islandese Kaleo: una canzone (Vor í Vaglaskógi) di cui non comprendeva il testo, ma che per lui ha significato moltissimo. Secondo lui, quello che conta in quel momento non è più la semantica, e forse neanche la musica, bensì l’atmosfera, il simbolo che noi ascoltatori decidiamo di attribuire a quella sequenza di suoni. Magari è proprio per questo che creare un simbolo universale è tanto difficile: ogni fruitore di musica  intravede  in un determinato brano se stesso prima di ogni altra cosa. In questa suo breve intervento, Leo ci ha anche spiegato che un musicista non è paragonabile a un alchimista: non crea simbologie a tavolino, esattamente come non lo fanno i poeti. I simboli da lui inseriti nelle canzoni che scrive sono composti da due parti, una conscia e un’altra inconscia, sempre diverse e sempre imprevedibili.

Mi ha fatto molto riflettere una frase che ha detto Leo in mezzo alla raffica di domande della conduttrice dell’incontro Myriam Nicoli: «Parlare al “noi” è difficile, è una forma che noi – le generazioni della nostra età – conosciamo meno rispetto ai nostri genitori. È difficile identificarsi con un “noi”, ci sembra strano». 
Un buon punto di partenza potrebbe essere la canzone che Leo Pusterla ha cantato in acustico per concludere questo incontro: Avenida Paulista. Un’epifania in una gigantesca strada brasiliana, una canzone immediatamente immaginata, una storia da raccontare. «Parlare al mondo del mondo» è diventato, per questa generazione, particolarmente complicato, e forse dovremmo andare alla ricerca di un simbolo universale, capace di far convergere le coscienze. Voi partite da dove volete, io lo cercherò nelle canzoni di Leo Pusterla e dei Terry Blue.

Well it all became bright
Keep it quiet, as I stand in light.
Is it all, is it all worth trying?

Grey sky’s gone, you just stand by all of it now. 
Make it all, make it all talk kind, my dear
There’ll be no time for rest
Or any sort of sleeping.

Il video dell’incontro

Breve biografia di Leo Pusterla

Leo Pusterla è cantautore, chitarrista e compositore dei Terry Blue, un collettivo indie-folk/new-soul da lui fondato nel 2013 a Lugano. Dal 2016 Tery Blue è composto dalla partecipazione fissa di Andrea Zinzi (chitarra elettrica), Giuliano Ros (basso elettrico), Matteo Mazza (batteria) ed Eleonora Gioveni (corista). Attivi nella scena musicale svizzera, collabora da anni con la RSI Radiotelevisione svizzera. Oltre a concerti dal vivo, Terry Blue è attivo sulla scena musicale con produzioni proprie, con la pubblicazione di un EP, “Mécanique Ep” (2016) e due album: “The Burning Trees” (2016) e “Even If This Winter Seems To Last Too Long” (2018).

Il collettivo é stato selezionato come finalista nel prestigioso concorso MyCoke Music Soundcheck Switzerland 2019 e ha vinto il Preis der Relevanz Luzern 2019, premio dedicato all’impatto e all’impegno sociale della produzione musicale.

Ha partecipato nel 2019 al “Visa Freedom For Kosovo Tour”, accompagnato e sostenuto dalla label lucernese e dall’omonimo gruppo Die Die Be e dal gruppo kosovaro Zwada. Avrebbe dovuto partecipare ad un tour a Londra, posticipato a causa dell’emergenza Covid-19. Attualmente collabora anche con studi di produzione italiani, tra cui RKH Studios di Torino.

Profondamente influenzato dalla produzione di artisti quali Ben Howard, The 1975, Bon Iver e Dermot Kennedy, il collettivo Terry Blue sta ultimando i preparativi per la pubblicazione del loro quarto album “Only To Be There”, la cui uscita é prevista per l’inverno del 2020.

Tutti i testi (in inglese) e le musiche dei Terry Blue sono scritti dallo stesso Leo Pusterla che, oltre al suo gruppo principale, ha avviato progetti musicali che prevedono la scrittura di testi anche in lingua italiana e in francese.

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