La vena verde

La vena verde

La vena verde, questo è il titolo dell’ultimo libro di Alessio Arena e recensito su Lampioni Aerei dalla docente Licia A. Callari.
Grafica di Martina Santurri

Teatro e inconscio: La vena verde di Alessio Arena

Di notte sogno ancora lui che mi tocca, che mi bacia e mi sussurra all’orecchio che la donna ha la stessa natura ruvida e calda del mandorlo in fiore.
Io tremo, tremo come adesso, e cerco tra le mani, tra le gambe, il suo corpo, perché s’intrecci al mio, perché ritorni a me prima che tutto finisca e che io torni a cercare la pillola che tu, Caterina, mi ricordi di prendere ogni mattina.

Alessio Arena, La vena verde, Lecce, IQdB Edizioni, 2020.

“…la vena verde, che da bambina ignara dell’avvenire e da donna matura ipnotizzata dalla propria desolazione, fissa sul soffitto della sua camera. Muffa, fiume, lattea carta topografica…” (postfazione di Fabrizio Catalano). La vena verde, questo è il titolo dell’ultimo libro di Alessio Arena edito nel 2020 da “I Quaderni del Bardo Edizioni” di Stefano Donno, un originale racconto teatrale che prende spunto dalle lettere di Maria Antonietta Portolano, moglie di Luigi Pirandello – epistolario fornito da Claudio Pirandello, pronipote del celebre scrittore – per dare vita a una storia immaginata ma che della realtà ha la veridicità della sofferenza. Affascinante e intensa risulta la successione dei “monologhi” che la protagonista, volutamente senza nome, “recita” a se stessa e per noi, proponendo un continuum narrativo/drammatico che ci introduce nel labirinto del suo inconscio. Come in una pièce teatrale, attraverso lei entriamo nelle stanze del dolore delle case di cura del Novecento, il cui ricordo ormai vago si presenta prepotentemente alla mente quando si utilizza il termine manicomio: le scene si susseguono con rapida drammaticità, mettendo a nudo la sofferenza di una donna che non si sente o non fanno sentire più donna, di una moglie che non si sente o non fanno sentire più moglie, di una madre che non si sente o non fanno sentire più madre.
Ruoli che vive ancora nelle sue viscere ma che le sono stati strappati dalla mente in un luogo fisico e reale. “Era un circo, non una funzione. E io l’attrazione principale: un fenomeno da baraccone”. La sofferenza del diverso, col suo doloroso entrare e uscire da una realtà vera e/o immaginaria, è da Alessio Arena posta al centro del suo lavoro con sensibilità e delicatezza. Il suo è un invito a capire l’altro nella sua diversità, a non sentirci migliori perché non pazzi: il “mal di vivere” è lì all’angolo, pronto a entrare nella nostra mente e nel nostro corpo non appena ci “distraiamo”. “Un intonaco bianco, con una vena verde. Amavo navigarla con gli occhi da una punta all’altra per ore e ore. Era il mio rifugio, il mio vantaggio su quel mondo tremendo di padri e padroni sovrapposti”. La navigazione di quell’increspatura dal colore verde che la protagonista vive come unico rifugio, diventa un vantaggio per sopravvivere alla crudeltà di una realtà che l’uomo si ostina a non voler vedere.
Prima che il sipario cali, Alessio Arena, come in un suggestivo gioco di specchi, lascia il tempo a che gli interrogativi, i dubbi, le riflessioni possano inoltrarsi nella coscienza del lettore/spettatore, invitandolo a soffermarsi, anche solo per un momento, sulla dignità dell’Altro pur nella sua diversità.

Licia A. Callari

Nota biografica di Alessio Arena:

Alessio Arena, scrittore e studioso di teatro, è cultore di letteratura e filosofia del teatro, di storia dello spettacolo e di storia del cinema e del video presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 2018 conduce «La biblioteca di Babele», rubrica di lingua e cultura italiana trasmessa dalla Radio Nazionale argentina. Collabora con la sezione «lingua italiana» di Treccani. Ha ricevuto premi e riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale. Ha pubblicato numerosi libri, tra cui cinque raccolte di poesie, due saggi e un testo teatrale. Alcune sue opere sono state tradotte in spagnolo, arabo e inglese.

Nota biografica di Licia Adalgisa Callari:

Licia Adalgisa Callari è docente in quiescenza all’Università di Palermo, dove ricopre l’insegnamento di Letteratura teatrale italiana. Studiosa del mondo classico, ha sviluppato l’interesse per ogni forma di spettacolo, dedicando particolare attenzione alla continuità temporale del mito e alla sua universalità. Tra le sue pubblicazioni: Coscienza e potere. Narrazioni attraverso il mito (in collaborazione con Alessandra Dino, 2009); Donne di spettacolo nella Roma antica (2010); Lungo il filo di Arianna. Voci del mito al femminile (2012); Ha curato: La terra brucia. L’estremo viaggio (2017); Donna vittima perfetta (2018); E di scena la menzogna (2019); Un sogno di libertà. Fiabe e racconti (2020).

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