Ritagli n. 4

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Nel caos, davanti a tutti

Maria Grazia Calandrone, Giardino della gioia, Mondadori, 2019, p.71

Stamattina pensavo alle tue scarpe sportive
mentre scendevi le scale di un albergo a Bologna
con il tuo passo calmo
e pensavo a com’erano piantate a terra
mentre dicevi l’amore che si ostina
è uno slittamento di tutto l’essere
verso il centro del caos; niente
si allinea più con la ragione, ma questo scivolare via da noi
ci tiene dentro
la vita comune
e solo questo
conta, se di quello che siamo resta l’opera
consegnata al mondo,
se la luce chiarissima di giugno
allarga i confini
delle nostre persone!
e noi siamo superflui nel paesaggio
come chi sia paesaggio
e non debba più essere tradotto
perché l’albero è l’albero, non parla
né si congeda, respira
esatto come un teorema, dritto in piedi
nel caos, davanti a tutti.

In Giardino della gioia, questa poesia reca un’indicazione di dedica a Franco Buffoni. Il racconto del ricordo, in apertura, assume una connotate puntuale, contestualizzata in una realtà riconoscibile, effettiva. Si delinea agli occhi del lettore con precisione antropologica. Questo carattere poetico è dotato, nella raccolta della poetessa, di una centralità fondamentale: quella dell’aderenza alla vita.

Giardino della gioia è vita, vissuta o meno che sia, che si coagula in versi anarchici e liberi da schemi estranei al sé. Versi in aperta ribellione alle costrizioni logiche della metrica, che scrivono seguendo la partitura endogena del corpo, della persona. L’afflato di ribellione connota lo sguardo dell’io verso le cose, penetrandole in un’affermazione politica del sé. L’unica cosa che conta: lo ‘scivolare via da noi’ di un amore che si ostina, che ci tiene saldi nel presente della vita. Al mondo – al tempo – resta la nostra opera, la nostra affermazione. Così, dal quattordicesimo verso alla conclusione della poesia, Calandrone guida il lettore alla figura dell’albero, dove la tangenza biologica accentra allegoricamente il senso di uno stare al mondo non come ‘essere paesaggio’, che non necessita di traduzione (v.19). Uno stare al mondo che non pone sé stessi come figure osservate, ma che annulla il paradigma del dato femminile come oggetto dello sguardo. Ancora, che azzera le aggressioni del contesto con la stessa fermezza della vita nel tronco. Lo “slittamento di tutto l’essere / verso il centro del caos” (v. 6-7), infine, è il luogo in cui l’essere si afferma, in cui rimane immobile – guidato dallo stesso amore che si ostina.

Nell’amore, la poetessa indica al lettore la via. Nell’amore la possibilità di opporre al caos il proprio essere immobili, perfino nel suo centro esatto. In apertura di “Contro l’esilio”, poesia a poche pagine di distanza da “Nel caos, davanti a tutti”, Calandrone ricorda: “Siccome nasce / come poesia d’amore, questa poesia / è politica”. Così, nello stare immobili come alberi nel caos, il senso femminista di una liberazione dalle aggressioni dello sguardo. Di una resilienza intrinsecamente politica, perché viva biologicamente e mossa, nella sua fermezza, dal solo amore.

Ritagli“, la rubrica ideata e curata da Stefano Bottero, prevede per ogni sua uscita la presentazione di una poesia contemporanea per un’analisi concettuale, del significato. Si vuole avviare con il lettore un percorso critico semplice e diretto, accessibile a tutti, più o meno esperti di poesia, senza che sia necessaria una preparazione interpretativa specifica.

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